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BEAUTIFUL CREATURES

storie di lupi, di lantanidi e ginestre

beautiful creatures scabia

Abbiamo cominciato come sfogliando un grande catalogo. Scabia non si può leggere da soli. A poco a poco certe immagini, figure, motivi e temi ricorrenti ci sono venuti incontro portandosi dietro un umore che ci ha contaminati. Abbiamo visto un mondo a colori sgargianti sulla soglia del collasso, una grande indigestione e un’insaziabile fame. Non potevamo mettere in scena un testo di Scabia, non potevamo incarnare il suo teatro vagante, ma potevamo evocarlo. Potevamo lasciarci infettare dalle sue macchine per sogni, seguire il passo di una musicalità imbizzarrita, incoraggiare il rapporto con il creaturale e l’inanimato, raccogliere il desiderio di rischio e di gioco, e la spregiudicatezza capace di radiografare i nostri tempi. E metterci tutti “con il naso in su” a guardare quella membrana sottile, sempre metereologica, che sono i nostri desideri. Come nella bellissima immagine iniziale di Fantastica Visione. 

 

Beautiful Creatures nasce dunque come un oggetto espanso, con un suo ciclo di vita quasi organica, in cui performance diverse per natura e misura, raccolgono parole, tracce, immagini, liste, ritornelli e oggetti dall’universo scabiano. Emersioni che entrano incidentalmente in contatto tra di loro, creando di volta in volta nuovi legami. Come orologi sincronizzati su una stessa ora. L’andamento di questi incidenti ha la natura imprevedibile e sfilacciata del tempo cairologico, in cui quasi tutto ciò che accade - per errore, per scelta o per capriccio – lascia un istante, un’eco increspata già disposta a trasformarsi in altro. La piega narrativa invita alla passeggiata e all’indagine, lungo un asse verticale e per scatole cinesi, come un gioco di ruolo che spinga a ripensare la propria identità.

Sette creature passeggiano in quel sogno lucido che è la vita in tutte le sue forme, nei resti di tutte le cose, fango, ruote, pelle, altoparlante e fuoco. Carta, parole, vermi, latta, calmanti. Liquori, dolori, denti d’oro. 

Lo spettatore, libero e disperso, sceglie dunque il proprio punto di vista, l’inquadratura o il piano sequenza. Lontano. Vicino. In una compresenza di binari vivi e morti o piuttosto dormienti. Solo in un dopo - per azzardo, immaginazione o illusione ottica - i racconti, forse, si lasceranno ricomporre in una trama provvisoria. 

 

Scoperchiare visioni, allacciare storie. Ricordare, trascrivere e riscrivere. Raccogliere frammenti e residui. Lasciare lo spazio e ogni evento alle proprie alterazioni. In Beautiful Creatures tutto il mondo agisce su un principio di sincronicità, come nel comportamento degli stormi, all'interno dei quali ogni singolo esemplare si muove all'unisono con gli altri, come se la condotta stessa del gruppo fosse dotata di una propria intelligenza.

 

Beautiful Creatures ridisegna così l’architettura del Teatro Fabbricone di Prato, in omaggio all’invenzione ronconiana, trasformando il grande edificio industriale in un dispositivo site specific che, facendo esplodere lo spazio teatrale e i suoi luoghi più segreti - i camerini, le vasche della tribuna, i bagni e il foyer - invita il pubblico a immergersi in un congegno visivo e sonoro da Macchina Barocca del XXI secolo. 


Le scatole cinesi diventano una struttura fisica di ambienti dentro altri ambienti, in cui le opere plastiche di Martina Biolo - in lattice malleabile – sono oggetti di un tempo che fu: bottigliette, saponi, un triciclo, lettere, una torta, pillole, una bussola, alberi, un salvagente. Oggetti persistenti, tracce mnemoniche e residuali nel nostro presente. Cose. Già divorate, nominate e perse. Dimenticate nel bosco di tutto il nostro immaginario andato a male. Oggetti calcificati, rimasti impressi in una neve che continua a cadere.

** I Lantanidi o lantanoidi, detti un tempo ‘elementi delle terre rare’, di colore bianco argenteo, duttili e malleabili. Impiegati in dispositivi magnetici e ottici, nei fosfori per schermi a tubi catodici e a plasma, in catalizzatori per processi chimici, nei laser, nei mezzi di contrasto per analisi. I Lantanidi manifestano strutture chimiche tanto simili tra loro che è molto difficile separarli. L’estrazione e la separazione dei lantanidi dai minerali che li contengono è tutt’ora un problema complesso.

un’opera ispirata a Giuliano Scabia
un progetto de lacasadargilla regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni drammaturgia del testo Roberto Scarpetti parole di e con Giacomo Albites Coen, Lorenzo Frediani, Tania Garribba, Anna Mallamaci, Emiliano Masala, Alice Palazzi, Francesco Villano drammaturgia del movimento Marta Ciappina drammaturgia delle luci Luigi Biondi costumi Anna Missaglia spazio scenico e paesaggi sonori Alessandro Ferroni ambienti visivi e disegno video Maddalena Parise spazio sonoro Pasquale Citera tecnico video e collaborazione al disegno video Luca Brinchi assistente alla regia e al progetto Matteo Finamore e con le opere di Martina Biolo coordinamento e l’assistenza al progetto Angelica Azzellini si ringrazia Cristina Gioglioli Scabia per la gentile apertura degli archivi, Manuel Priori per il training di ballo, Gian Maria Tosatti per la preziosa consulenza, Fortunato Leccese per la partecipazione come voce del telegiornale e Riccardo Fattori per l'immagine del manifesto

produzione Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con lacasadargilla con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato e di Publiacqua

 

 fotografie © Claudia Pajewski

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