UCCELLINI

DI ROSALINDA CONTI
Una casa nel bosco. Una casa del bosco. Un bosco che allo stesso tempo esiste e non esiste, non esattamente. La casa è un ambiente e pure ha qualcosa di organico. Uccellini ha un impianto classico, si potrebbe dire. Una trama e un trauma la sorreggono. Una riunione familiare vi accade, imprevista e accidentale. Uccellini racconta di presenze e assenze, di umani (morti e vivi) e animali (vivi e morti). Di rimossi e fratture, di sguardi discordi nel dare senso al mondo, alle relazioni e alle perdite. E soprattutto di cosa c’è nel mezzo, sulla sottile linea di confine.
Il motivo per cui Luka - in apparenza pragmatico e a sorpresa spaventato - decida di festeggiare il compleanno della fidanzata in una casa piena di uccelli impagliati e che ospita più morti che vivi, è per il momento oscuro anche a lui. Accanto c’è e non c’è Matilde, che in un modo o nell’altro, selvatica e dolente, ancora abita le fresche e avventurose estati della casa d’infanzia. E Anna? Anna è un uccellino, ma forse anche l’albero tra le cui fronde l’uccellino si nasconde, e compie gli anni il giorno dopo. In mezzo a loro gli animali - nascosti e invisibili - come i rimossi, i segreti, i desideri e i ricordi.
In questo singolare esercizio notturno tra i fantasmi e le paure che ci costituiscono, c’è qualcun(altro) che sembra scrivere la storia, nascosto nel bosco. Prova a descrivere l’ambiente in cui la storia avviene. O la immagina, stando in ascolto. Perché questo qualcuno vive degli ambienti. Più che tra gli uomini. O meglio vede gli uomini attraverso luci, umori, materie e rumori. E accanto gli animali (notturni) che vi abitano.
La casa stessa così è un ambiente, non dichiara la propria struttura architettonica (di ferro, fango e mattoni), piuttosto manifesta la natura (familiare ed estranea) in cui è immersa. Una casa organica che ha trattenuto pochi resti: un tratto di finestra arrugginita, la cornice biancastra di una porta, una grondaia; un lungo tavolo di noce pieno di conserve e libri. Scricchiola la casa, a tratti parla, è fatta di intrighi e di tranelli. E sembrano cinguettare anche gli uccelli impagliati di cui è piena: il merlo nero dal becco giallo, il fringuello azzurro, quello arancione, il cardellino dalla faccia rossa. L’assiolo, un rapace notturno.
La vetrata - solida e trasparente - in stato di quiete mostra solo vapore di condensa e gocce di rugiada. Quando la superficie si anima lascia che si affaccino, come fantasmi fra i corpi degli attori, corpi di uccelli in movimento. E con loro, altre creature. Voli in picchiata, artigli che si allargano, coleotteri, cespugli di aceri, un grande pino silvestre. Due piccole volpi? Un’orsa, forse. Ologrammi proiettati con l’illusione di un 3D, figure di cui nel testo - apparentemente - sono rimasti solo i versi. Dalla membrana sbatte anche la luce che inclina mentre il tempo scorre sul bosco, ombroso e umido, mentre gli animali notturni la oltrepassano per appoggiarsi, fuori dalla storia, sulle nostre spalle.
un progetto de lacasadargilla regia Lisa Ferlazzo Natoli, Alessandro Ferroni con Emiliano Masala, Petra Valentini, Francesco Villano
paesaggi sonori e ideazione spazio scenico Alessandro Ferroni ambienti visivi Maddalena Parise scene Marco Rossi e Francesca Sgariboldi disegno luci Omar Scala costumi Anna Missaglia disegno del suono Pasquale Citera coordinamento artistico al progetto Alice Palazzi assistente alla regia Matteo Finamore collaborazione alle immagini in ombra Malombra fotografie di scena Claudia Pajewski produzione La Fabbrica dell'Attore/Teatro Vascello in coproduzione con Romaeuropa Festival, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa in collaborazione con AMAT & Comune di Pesaro, lacasadargilla, PAV Fabulamundi Playwriting Europe, RAM – Residenze Artistiche Marchigiane con il sostegno di ATCL / Spazio Rossellini
fotografie © Claudia Pajewski