top of page

ANATOMIA DI UN SUICIDIO

hd_056_ANATOMIA_foto©MasiarPasquali.jpg

2023

DI ALICE BIRCH

note

note

Una madre, una figlia, una nipote. Tre generazioni simultaneamente in scena. Un'unica linea femminile legata alla vita, come per un incantesimo, dal più sottile dei fili, che si muove in acque scure e salate infestate dalle proiezioni, dai desideri e dall’amore degli altri e ritrova sé stessa in certi incontri improvvisi, nella bellezza di un frutteto, in tutto ciò che è acquatico e sommerso. In un caos in cui non si riesce a mettere ordine, le donne si parlano attraverso il tempo e le loro parole riecheggiano in una faglia aperta, nella casa di cui si ereditano e si tramandano intenzioni, auspici, domande. 

 

Anatomia di un suicidio, come uno spartito diviso in tre ambienti simultanei, rivela via via l’azione delle tre donne e le relazioni che le legano in un procedere per onde: quando una linea narrativa è attiva le altre due – visibili in parallelo – ne sono il contrappunto, il frutto o la matrice. Così la magistrale costruzione temporale che lega le protagoniste, il loro resistere o soccombere a una pulsione di morte che brilla nelle vite e in ogni incontro, si svela come un’oscura eredità familiare e storica tutta al femminile. Parole, azioni, oggetti e immagini si ripetono come ritornelli e segnali. E lo spettatore, in questa sincronia, eccitante e pericolosa, scopre affinità lontane nel tempo e nello spazio – in una danza mnemonica e somatica – tra relazioni e corpi, disaccordi e pulsioni. 

 

Una scrittura d’ensemble per undici attori che si chiede: cosa significa vivere. Cosa comporta scegliere di vivere?

Quando si muore veramente? Il generare può liberarsi da un processo conservativo? Perché generare attiene al generare prole, al nutrire, generare caos e traumi, ma anche al generare sé stessi in ambienti, scelte e progetti. E saper deviare dall’ordine precostituito per sottrarsi al mondo per come esso – socialmente e moralmente – ci spinge a essere. Fino a guardare dentro certi rimossi dell’Occidente intorno alle istituzioni familiari e allo scandalo della morte. Sapendo che bisogna sbrigarsela da soli, che ogni nostra azione si inserisce in una genealogia, ma non genera fatalità, solo semplici precedenti – intesi in senso magnificamente giuridico.

Carol, Anna, Bonnie
Madre, figlia e nipote. Tre generazioni di donne si parlano e si cercano attraverso il tempo, con l’andamento di una saga, e le loro parole riecheggiano in una grande casa in cui si tramandano intenzioni, auspici, domande. Il testo, come una partitura musicale, diviso in tre ambienti corrispondenti alle linee narrative delle protagoniste, segue un doppio andamento: diacronico, muovendosi lungo i tre assi temporali della vita delle protagoniste; simultaneo, le tre storie accadono in contemporanea, come in un grande affresco sociale e familiare. Così, con affascinante sincronia narrativa, quando una linea del racconto è attiva le altre due ne sono il contrappunto, il frutto o la matrice.


Carol si muove nel mondo come distratta dalla vita, c’è un qualcosa che la attira altrove e che ha il sapore liquido dei fiumi. Anna è in mezzo, come un diaframma, un ponte sensoriale tra la storia della madre e il destino della figlia. Bonnie è l’ultima di quella stirpe, non sa quasi nulla della madre e della nonna, ma c’è qualcosa d’insondato che le parla dal passato. Le tre donne si ritrovano in certi incontri improvvisi tra le epoche, nella bellezza di un frutteto, nel calore di un coniglio, in bulbi appena piantati. Così una magistrale costruzione temporale lega le tre protagoniste, il loro resistere o soccombere a una pulsione di morte che sussulta nelle loro vite e nei loro amori, e che si svela come una conturbante eredità familiare e storica tutta al femminile.

crediti

di Alice Birch un progetto di lacasadargilla regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni traduzione Margherita Mauro scene Marco Rossi costumi Anna Missaglia disegno luci Luigi Biondi paesaggi musicali Alessandro Ferroni disegno del suono Pasquale Citera disegno video e cura dei contenuti Maddalena Parise drammaturgia del movimento Marta Ciappina con (in ordine alfabetico) Caterina Carpio, Marco Cavalcoli, Lorenzo Frediani, Tania Garribba, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Alice Palazzi, Federica Rosellini, Camilla Semino Favro, Petra Valentini, Francesco Villano e con Anita Leon Franceschi assistente alla regia Caterina Dazzi assistente scenografa Francesca Sgariboldi assistenti volontari alla regia Giulia Di Sacco, Matteo Finamore, Martina Massaro, Caterina Piotti foto di scena Masiar Pasquali produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

galleria

foto

 

 fotografie © Masiar Pasquali - Piccolo Teatro Milano

"Lupi. Si spostano verso Nord. In branchi. Percorrono distanze enormi.

Tutti insieme. Mangiano. Tantissimo.

Quando muore un lupo, il branco può disgregarsi."

bottom of page