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Un melologo per il nuovo millennio Les Adieux! Parole salvate dalle fiamme è l’incontro di voci recitanti, musica e immagini per trattenere, ripensare l’eredità preziosa e acuminata della Rivoluzione d’Ottobre e spingerla a colloquio con il nostro XXI secolo.
Tre attori e un ensemble di quattro strumenti (viola, flauti, bayan e percussioni) scelti per la loro storica prossimità alla narrazione poetica non solo russa. Quasi un ‘settetto’ musicale, omaggio alle formazioni jazz, e a certe scritture colte come la Suite Opera 29 di Schonberg o Seven di John Cage.
Blok, Esenin, Majakovskij e Pasternak compagni di strada della rivoluzione e dissidenti per posizione e vocazione, con le loro parole, le loro contraddizioni e le loro morti, sono i protagonisti di una traversata da un’epoca a un’altra, come in un viaggio a ritroso per ritrovare le radici antiche della Russia rivoluzionaria e rintracciare in versi e parole il ritmo di tamburi antichi e il refrain di ballate popolari. Schegge d’esecuzioni celebri, composizioni originali, discorsi di Lenin e Trotsky alla nazione ed esperimenti futuristi si muovono insieme a frammenti di film di Ejzenštejn, materiali d’archivio, elementi pittorici ed elaborazioni video, in un continuum stratificato e mobile per riportare in vita l’alba di un’epoca e la sua fine, e percepirne la folgorante eredità.
La partitura musicale muove verso un abbandono e un esilio, Les Adieux!, appunto: una progressione d’astrazione sulla materia e sulla terra, da paesaggi familiari a territori ignoti, per poi tornare al solo congedo possibile, quello di una parola che è casa, anzi casa madre, come nel finale di Nostalghia. Campane, din-don-nio delle memorie sparse al vento, con lo strepito di mille tamburi; squarci di lame e lamine, acciaio che si schiaccia in gola, il respiro di antiche canzoni. Un canto che sibila nel vento dove tintinnano sonagli e rotolano biglie, mentre echeggia sommesso un tuono.
Le immagini e la partitura sonora non si sovrappongono, ma costruiscono un terzo oggetto che moltiplica gli strati di senso di questo inedito melologo. Cinque schermi lunghi e stretti come stendardi posizionati a proscenio - membrana fisica e visiva per gli spettatori - separati da cerniere vuote che lasciano irrompere la luce nel ‘dentro’ della scena. Così da formare una costruzione attraverso cui dilatare, restringere, mettere a fuoco o far esplodere il primo piano dei volti e lo spazio fisico e sonoro di attori e musicisti.
Per amore del cielo insegnatemi, / insegnatemi e io farò qualunque cosa, / qualunque cosa per risuonare nel giardino degli uomini. Sergej Esenin.
LA STANZA DELLA RIVOLUZIONE
22 minuti per raccontare in un’istallazione sonora – con le parole di John Reed e la mirabile interpretazione di Elio De Capitani - la Rivoluzione bolscevica. Quei dieci giorni che, fra l’ottobre e il novembre del 1917, sconvolsero il mondo. Dieci giorni che Reed, giornalista e militante socialista americano, ricostruisce in forma peculiare, a metà strada fra racconto, reportage giornalistico e cronaca in tempo reale.
272 pagine setacciate e condensate con cura da Silvana Natoli per ricordare - fra le note della Sinfonia n° 2 di Shostacovich utilizzata da Ejzenstejn per La Corazzata Potemkin ed echi lontani dell’Internazionale - le notti gelate a Pietroburgo, il governo provvisorio di Kerenskij, le prime parole di Lenin all’Istituto Smol’nij sede del Soviet o la stupefacente richiesta di soldati senza scarpe né cibo: “ci avete portato qualcosa da leggere?”. La registrazione in quadrifonia, come se la voce di De Capitani ‘accadesse’ letteralmente ‘qui e ora’ muovendosi nella stanza, e l’utilizzo di una cassa multidirezionale S.TO.NE danno al racconto di Reed l’imprevedibilità e l’incanto di quei dieci giorni. “La vecchia Russia non esisteva più, si era come rifusa e liquefatta e sul mare agitato delle fiamme si formava, con un lento raffreddamento, la fragile crosta di nuovi pianeti.” - scrive Reed. È di quell’inizio, di quella formidabile spinta vitale e culturale, politica e popolare che ha mosso la Rivoluzione d’ottobre che con questa ‘stanza’ volevamo parlare.
ideazione Lisa Ferlazzo Natoli, Gianluca Ruggeri regia Lisa Ferlazzo Natoli musiche a cura e di Gianluca Ruggeri disegno video e immagini Alessandro Ferroni, Maddalena Parise disegno luci Luigi Biondi regia e spazializzazione del suono Giuseppe Silvi disegni Francesca Mariani voci recitanti Lisa Ferlazzo Natoli, Fortunato Leccese, Emiliano Masala percussioni e live electronics Gianluca Ruggeri viola Luca Sanzò/Costanza Negroni bayan Samuele Telari/Andrea Pennacchi flauti e midi devices Gianni Trovalusci/Elena d’Alò soprano Galina Ovchinnikova consulenza scenografica Romualdo Moretti consulenza ai costumi Gianluca Falaschi consulenza video Maria Elena Fusacchia aiuto alla regia Camilla Carè assistente alle luci Francesca Zerilli assistente alle immagini Luca Staiano assistente volontario Lorena Semeraro consulenza per le ricerche Alessio Bergamo, Sasha Arlorio fotografie di scena Sveva Bellucci realizzazione scene Maestri di Scena s. r. l. si ringrazia Luis Fulvio Baglivi una co-produzione Romaeuropa Festival, lacasadargilla, Ars Ludi residenze artistiche Ars Ludi Studio, Kollatino Underground con la partecipazione di Cineteca di Bologna con il sostegno di Teatro di Roma Teatro Nazionale
fotografie © Sveva Bellucci
"E solo dalle voci capiremo
quali lotte, lì, quali ferite…"