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THE TESTAMENT OF THIS DAY

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2014

RADIODRAMMA DI EDWARD BOND

note

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The Testament of This Day oscilla fin da subito tra stato allucinatorio e realtà, organizzando la propria tessitura nell’alternanza di due mondi narrativi lontani, entrambi però con un movimento e come la natura di un viaggio: una casa misteriosa a picco su una scogliera, costruzione originaria, immaginifica e psicanalitica. E il vagone di un treno, ambiente privo di tempo, intenzione e direzione. Questi luoghi – diversi per linguaggio, colore e consistenza – sono accomunati dalla presenza di un protagonista unico, chiamato semplicemente figlio. Nel corso della storia si scopre che la prima linea narrativa è contenuta dalla seconda, nella forma frammentaria e inquietante di un sogno. Con questo affascinante espediente, Bond fa emergere la conturbante dissonanza della figura del figlio nei due diversi contesti drammaturgici: vittima inconsapevole di un torbido gioco di vendette in un mondo e giovane seducente fin troppo pieno di iniziativa nell’altro. Come se il figlio fosse ad un tempo quel figlio – di un certo passato, di una storia e un’impronta familiare; un figlio – uno tra i tanti, uno qualunque che torna a casa senza grandi piani per il futuro. E infine, dunque, Il figlio – universale e collettivo, generato e subito risucchiato dal presente e dall’orizzonte storico con tutte le sue faide, manipolazioni e pressioni – sociali o familiari che siano. 

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La storia originaria racconta della contesa – ossessiva, oscena e quasi soprannaturale - di un uomo e di una donna (madre e padre) a danno del loro unico figlio. A far da sfondo al duello, un’enorme casa vuota, in cima ad una scogliera isolata. È la madre a condurre il figlio in quei territori remoti, a offrirlo come vittima sacrificale, nel disperato tentativo di strapparsi di dosso il passato. È il padre ad accoglierlo e ad attirarlo nella propria versione della storia per renderla definitivamente reale. 

A questa linea archetipica, erotica e sotterranea, Bond alterna una narrazione solo apparentemente più realistica: su un treno affollato, due sconosciuti (figlio e donna) iniziano a chiacchierare e finiscono per decidere di mettersi in affari assieme. Un’inquietante nota di fondo accompagna i loro discorsi: la donna racconta di aver sognato una grande casa su una scogliera dove qualcuno cerca di uccidere il figlio. Questi, facendo finta di nulla, continua a conversare per poi infine offrire con una certa insistenza, ospitalità alla donna. Ma dopo un lungo girovagare notturno in taxi, raggiunta la casa dei genitori di lui - non c’è assolutamente nessuno ad aspettarli. 

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The Testament of This Day si conclude con il disfacimento degli immaginari di cui entrambe le storie e le drammaturgie si nutrono: le due Case si dissolvono – come i personaggi – e letteralmente, crollano in un fragore improvviso. Armato di uno scintillante ‘scandaglio’, Bond – attraverso la figura del FIGLIO – si insinua in un presente accecato dal passato, estirpa e mostra dalle radici le imposture e i fallimenti di ogni generazione nel prendersi cura dei propri figli, e il sinistro ritirarsi di quei figli verso un futuro solo immaginario e già in rovina.

 

Edward Bond, per raccontare questo doppio viaggio che – come nel caso del suo Lear – “non conduce a un’autonomia personale né alla libertà”, concentra tutta la sua sapienza nella stratificazione di una lingua complessa e insidiosa. In una linea della storia, l’andamento e la narrazione sono quasi mitici, immaginifici e tronchi, le parole si interrompono e si rincorrono, riscrivendo – quasi – o rincorrendo, ciò che è appena stato detto. Nell’altra, dietro l’apparente leggerezza del linguaggio c’è una stravaganza inquieta, un eccesso d’intimità, subito tradito da un frastagliarsi e un tirarsi indietro delle parole. Individuare la natura, la pulsione e le ragioni di questi due linguaggi-mondi è stato il primo lavoro di ‘regia’. Il secondo, semplicemente, provare ad assecondarne con minuzia e azzardo il respiro, grazie al corpo sonoro, all’intuito e all’intelligenza degli attori.

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Rendere ipnotica e sottile la trama della scogliera e della casa, senza ritirarsi di fronte all’eccesso, all’osceno e al grido. Lasciarla alla sua insopportabile asimmetria. Nel treno assecondare l’allegria eccentrica e frettolosa di un incontro, e un inceppo superficiale – quasi – tragico. Così, di parola in parola, abbiamo ‘sgranato’ i personaggi, scoperto posture e paure, raccolto certe parole e alcuni luoghi, che si ripetono, che tornano e scavano fin nel profondo delle relazioni, lasciandole però sempre in una zona d’ombra.

I paesaggi sonori sono concreti e ondeggianti, si trasformano solo impercettibilmente in un ritmo e in un sentore di musica. Oppure improvvisamente aspri e frastagliati. Come se le materie e i timbri degli oggetti fossero i ‘testimoni’ e le superfici sonore su cui si sistemano narrazioni, ossessioni e desideri. Perché ogni oggetto anche solo nominato, nel lavoro di Edward Bond, conquista un suono, produce un rumore o un’eco, reale o allucinatoria, porta infine una storia, ha un suo lamento, sospira e fa attrito. 

 

Andato in onda per Tutto Esaurito! Il festival teatrale di Rai Radio3 il 17 novembre 2014.

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ESTRATTO DELLE RIFLESSIONI INEDITE DI EDWARD BOND

per la produzione BBC dell’Aprile 2014

 

[…] Ho usato molto certi segni di interpunzione: i puntini di sospensione (…) che indicano quando la battuta è incompiuta, svanisce ed è seguita da un breve attimo di silenzio. Voglio che chi parla non finisca la frase, o perché è impossibilitato a farlo, o perché non finisce, deliberatamente, la frase, sottintendendo così la fine della battuta. È come il diminuendo in musica.  Il trattino (-) indica che la battuta è bruscamente tagliata, o perché interrotta da qualcun altro, o perché il resto è ovvio. Uso molto il trattino con questo secondo significato perché le persone spesso non finiscono le frasi - e voglio cogliere la fluidità, la realtà del discorso - cosicché l’azione e le emozioni si muovano rapidamente, le parole si frastaglino e si facciano più rapide, fin quasi a suonare, involontariamente, come delle grida.

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crediti

traduzione Tommaso Spinelli adattamento e regia Lisa Ferlazzo Natoli paesaggi sonori e musiche Gianluca Ruggeri luci Luigi Biondi con Elio De Capitani (PADRE), Marco Foschi (FIGLIO), Manuela Mandracchia (DONNA), Francesca Mazza (MADRE) e l’amichevole partecipazione di Simone Castano dramaturg Margherita Mauro assistente alla regia Alice Palazzi coordinamento artistico Maddalena Parise produzione Radio3 RAI/lacasadargilla in collaborazione con  Teatro di Roma

"L’unica cosa che conosci di una persona è la sua immagine che galleggia.

Un volto qualsiasi di una rivista che sbiadisce lentamente ondeggiando sull’acqua."

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